Il sud disponeva dell’importantissima produzione dello zolfo siciliano, che nella prima metà dell’800 copriva il 90% della produzione mondiale e da sola assorbiva il 33% degli addetti di tutta l'industria estrattiva italiana. Nel 1836 si contavano 134 zolfare attive che coprirono i due terzi delle esportazioni chimiche d’Italia, anche dopo l’unità.
Non si dimentichi che la chimica industriale dell’800 era quasi del tutto basata sullo zolfo, specialmente l'industria degli esplodenti per le armi. Lo zolfo siciliano quindi aveva un rilevante valore strategico mondiale, tant’è che faceva gola anche all’Inghilterra. L'acido solforico veniva utilizzato per la fabbricazione di esplosivi e di concimi ma non solo. Le miniere avevano però processi industriali inadeguati con sfruttamento di lavoro minorile (lo sfruttamento era comunque comune a tutta Europa). Il prezzo poi dello zolfo era una vera e propria “roulette”. Gli inglesi si erano assicurati il ritiro di quasi tutto lo zolfo prodotto a prezzi bassissimi rincarandolo poi del 100%.
A prezzi così alti la ricerca di una via alternativa alla produzione dell’acido solforico prese il via. Era il secolo della chimica e non ci misero molto a scoprire che l'acido solforico poteva essere ottenuto dall'anidride solforosa che si libera durante il trattamento a caldo dei solfuri metallici, piriti (solfuro di ferro), dei solfuri di zinco (blenda) e di piombo (galena). Il colpo finale venne dalla scoperta di giacimenti quasi puri nel sottosuolo degli stati americani che si affacciano sul Golfo del Messico. Lo Zolfo siciliano oltre che per l’industria chimica era importante per la disinfestazione della vite (Solfato di Rame) che aveva subito a metà secolo duri attacchi da oidio (malattia causata da funghi), filossera poi peronospora (1879).
Un tentativo fatto da Ferdinando II nel 1836 di cedere lo zolfo ai francesi al prezzo giusto si rivelò foriero di disgrazie. Gli inglesi tentarono prima con le corti internazionali di giustizia per rottura contratto poi con le più efficaci cannoniere in porto a Napoli. Gli inglesi riebbero il loro contratto con il risarcimento per il mancato guadagno e i francesi altrettanto per quello che avrebbero perso in futuro!!!!. Si disse che l’Inghilterra se la legasse al dito ricambiando la cortesia nel 1860 a Garibaldi in porto a Marsala.
A Napoli e dintorni sorsero fabbriche di amido, di cloruro di calce, di acido nitrico, di acido muriatico, di acido solforico ed infine di colori chimici; le risorse del sottosuolo (zolfo, ferro, bitume, marmo, pozzolana, carbone) erano sapientemente sfruttate a livello industriale. Erano presenti anche fabbriche per candele e fiammiferi, le prime avevano una composizione chimica all’avanguardia che permetteva di fornire una luce vivida, non tremolante, senza spandimento di fumo, per questi motivi andarono ad illuminare anche il teatro lirico S. Carlo.