Il 7 ottobre del 1496 moriva improvvisamente Ferrandino, e gli succedeva sul trono lo zio Federico, fratello di Alfonso II d’Aragona. Federico era già maturo negli anni, e possedeva un carattere gentile e tranquillo, più portato alla diplomazia che agli intrighi e alle guerre che erano la caratteristica peculiare dell’epoca. Aveva sposato in prime nozze Anna di Savoia, figlia del duca Amedeo IX, che però era morta dopo appena 4 anni di matrimonio, si era quindi risposato con Isabella del Balzo. Salito al trono, portò a termine la riconquista del Regno riprendendo Gaeta, ancora in mani francesi, cercò di mantenere buoni rapporti con papa Borgia, Alessandro VI, che a sua volta inviò a Napoli suo figlio Cesare in qualità di legato pontificio.

Contemporaneamente la diplomazia organizzava matrimoni volti a sigillare le alleanze, ma i  problemi del Regno di Napoli (Regnum Siciliane citra Farum) ricominciarono ad aggravarsi. Venezia si rifiutava di restituire quei porti che aveva ottenuto in concessione nel 1496, in cambio dell’aiuto dato contro l’invasione del re di Francia Carlo VIII, Federico commise allora il grave errore di rivolgersi ai Turchi, invitandoli a Taranto nel 1499. Lo scopo del re era evidentemente dimostrativo, per premere sulla Serenissima facendole balenare la minaccia di un’alleanza di Napoli con il nemico ottomano, anche se tale azione non aveva portato danno a chicchessia, fu abilmente strumentalizzata da alcuni come scusa per abbandonare il Regno di Napoli al suo destino, da altri per organizzarne la spartizione.

Nel 1498, morto Carlo VIII, gli era successo sul trono di Francia Luigi XII, dotato di ben altre qualità. La Francia non aveva mai abbandonato l'intenzione di occupare il regno di Napoli e il suo nuovo re si apprestò alla spedizione militare. Il primo obiettivo fu il ducato di Milano, che ai tempi del suo predecessore, da alleato contro Napoli si era repentinamente rivoltato contro, passando alla Lega Santa antifrancese. Ludovico il Moro fu fatto prigioniero, e il ducato conquistato.

Luigi XII, consapevole che la spedizione del suo predecessore Carlo VIII era fallita per mancanza di una adeguata preparazione diplomatica, per conquistare il regno di Napoli cercò quindi l’alleanza di Ferdinando il Cattolico, che già possedeva la Sicilia. Benché vi fossero dei legami dinastici fra il re di Spagna e Federico di Napoli, Ferdinando il Cattolico avanzò segretamente la proposta di spartizione del Regno di Napoli tra la Francia e la Spagna, anche perché la successione da Alfonso il Magnanimo a Ferrante I (figlio illegittimo) e quindi da Ferrante I fino a Federico, poteva essere considerata una violazione dei diritti ereditari aragonesi, e poi Federico aveva commesso l'errore di allearsi con i Turchi o per lo meno di aver intrecciato con loro delle relazioni o intese diplomatiche.

L’11 novembre del 1500, Francia e Spagna stipularono il trattato segreto di Granada, con cui concordarono l'occupazione del regno di Napoli per dividerselo. Alla Spagna sarebbero andate la Puglia e la Calabria e alla Francia la Campania, l'Abruzzo e il Molise. Alessandro VI, vero regista delle trattative, ordinò al Valentino di appoggiare i Francesi e si dichiarò disposto ad investire il re di Francia del regno di Napoli detronizzando Federico d'Aragona. Il voltafaccia di papa Borgia, che pochi anni prima aveva contrastato con le armi il re di Francia Carlo VIII nel suo tentativo di impossessarsi di Napoli, non è di immediata comprensione. Anche in questo caso fu accampata la scusa dei contatti con i Turchi, ma non appare sufficiente a giustificare un cambiamento così radicale di politica, d’altronde, Ferrante I si era più volte appoggiato ai Turchi, ma non per questo fu detronizzato. Bisogna quindi ritenere che l’atteggiamento dell’astuto pontefice sia stato dettato dall’intenzione di favorire non tanto la Francia, bensì la Spagna, di cui guidò le mosse quando la stessa, venendo meno a patti, si accaparrò tutto il Regno di Napoli. Per la Chiesa fu una mossa giusta, che le assicurò per circa due secoli denari e beni materiali, nonché territori vasti per scatenare la Santa Inquisizione, per il Regno di Napoli fu invece, una calamità.

A Napoli Federico ignorava le decisioni di Granada, e si prepara a difendersi dall’attacco di Luigi XII, anche se l’esercito napoletano era numericamente inferiore a quello francese. Nei mesi precedenti, aveva tentato di accordarsi con Luigi XII versandogli un riscatto in denaro e così fece anche nei riguardi dell'Austria per essere aiutato contro i Francesi. Il re indisse poi a Teano una riunione per coinvolgere i baroni nella difesa, ma intervennero in pochi rendendo tutti questi tentativi vani.

Nel 1501 i nemici uscirono allo scoperto. Truppe francesi, pontificie e mercenarie del Valentino diressero verso Napoli. Federico non immaginava che il «cattolico» sovrano di Spagna, legato a lui da vincoli di parentela, si era accordato con Luigi XII per la spartizione del suo regno, anzi chiese aiuto al capitano di Ferdinando, Consalvo de Cordova, che si trovava in Sicilia, e questi, pur sapendo di dover tradire, lo assicurò che senz’altro ed al più presto i suoi uomini sarebbero accorsi in difesa del nipote del suo re, invece sbarcò in Calabria. Nel luglio del 1501 i Francesi erano già a Capua, dove fecero una vera e propria carneficina. Dopo aver occupato Aversa e Nola, entrarono a Napoli il 25 luglio, il saccheggio fu evitato con un esborso di 60.000 ducati. Federico si asserragliò nella sua reggia e poi, accordatosi con il comandante francese, duca d'Aubigny, nella notte del 2 agosto 1501, l'ultimo re di Aragona si ritirò con la famiglia nella fortezza d'Ischia. Federico, in piena solitudine, maturò il proposito di consegnare Ischia ai Francesi e di rinunciare al trono a favore di Luigi XII, piuttosto che vederselo sottratto dal parente traditore. L’esercito napoletano pertanto diresse contro quello spagnolo in Calabria e nelle Puglie.

Alcuni centri, come Taranto e Manfredonia ove si trovava il dodicenne figlio di Federico, Ferdinando d'Aragona, cercarono di resistere. Si avvicinarono anche le truppe francesi e avvennero i primi scontri tra gli stessi alleati per la conquista delle piazzeforti. I rapporti tra i firmatari del patto di Granata si deteriorarono sempre più per la divisione della Basilicata e degli Abruzzi.

Nell'estate del 1502 Consalvo fu assediato dai Francesi a Barletta, dove avvenne poi la storica Disfida, ma le sorti della guerra volsero a favore degli Spagnoli che, vittoriosi per terra e per mare, il 14 maggio del 1503 entrarono a Napoli al comando di Consalvo de Cordoba. Alla fine di quell'anno i Francesi furono definitivamente sconfitti sul Garigliano. Nel gennaio del 1504 si arrese anche Gaeta e il regno di Napoli divenne una provincia spagnola. Prima di raggiungere come esiliato la Francia, Federico concesse in feudo il Castello d'Ischia e le riserve di caccia sull'isola al fedele capitano Innico d'Avalos. Sul frontone della cattedrale del Castello aveva fatto incidere a caratteri d'oro le seguenti parole: "Quorum eximia servitia in omni nostra fortuna elucescunt"; "gli insostituibili servigi (degli ischitani) splendono in ogni nostra fortuna".

Il 6 settembre 1501, Federico abbandonava l'isola d'Ischia, aveva preferito arrendersi alla Francia anziché al rapace cugino. Luigi XII lo ricevette da amico, avendo egli stesso subito la slealtà degli Spagnoli, e gli concesse il titolo di conte del Maine e una rendita di 30.000 scudi annui. Poco tempo dopo, il 9 settembre del 1504 Federico morì a Tours, circondato da pochi amici, fra i quali il letterato Jacopo Sannazzaro. La regina Isabella, dopo essere rimasta per breve tempo a Ischia, si ritirò nelle sue terre in Puglia. Il giovane duca di Calabria, Ferdinando, fu tradotto in Spagna, dove fu costretto a ritirarsi in convento. Sembra che vi sia morto nel 1509 mentre Alessandro VI (papa Borgia) era morto nel 1503.

Gli Spagnoli videro nell'Antico Stato un ingrandimento di domini da cui trarre risorse e da utilizzare come base militare. Furono più di due lunghi secoli, scanditi delle epidemie di peste e dalle carestie, e dalle rivolte popolari, come quella di Masaniello. La miseria dell'epoca era largamente condivisa anche dagli altri Stati della penisola, il periodo della dominazione spagnola lasciò inoltre una fisionomia particolare al Meridione e specialmente alla sua capitale: usi e costumi degli Spagnoli dominatori furono in buona parte assorbiti. Dovendo scegliere una data per la nascita nel sud della “questione sociale”, che tanto peserà sui futuri assetti della società meridionale - cioè la stabilizzazione della classe più umile, ridotta sempre più a sottoproletariato questuante ed incolto, e di quella "signorile", priva di senso e responsabilità di stato, attaccata unicamente ai privilegi di casta - questa non può che coincidere con l’occupazione spagnola del 1503.