Giovanna I di Napoli o Giovanna I d'Angiò (Napoli, 1327 circa – Muro Lucano, 12 maggio 1382) fu regina di Napoli, regina titolare di Gerusalemme e Sicilia (1343–1381), principessa d'Acaia (1373/75–1381), contessa di Provenza e Forcalquier. Fu la figlia terzogenita o quartogenita di Carlo di Calabria, primogenito del re di Napoli, Roberto d'Angiò, e di Maria di Valois (1311-1341), sorella del Re Filippo VI di Francia. Fu una delle prime donne europee a regnare per proprio diritto.

Quando, il 16 gennaio 1343, morì il re di Napoli Roberto d'Angiò, detto il Saggio, l'erede designata al trono era Giovanna, poiché il duca di Calabria era premorto (trentenne, nel 1328) al padre. La nuova regina, prima sovrana di Napoli per diritto ereditario, ascese al trono all'età di 16 anni. Già nel 1333, ad appena sei anni, era stata data in moglie al cugino Andrea d'Angiò, sette anni, figlio di re Carlo Roberto d'Ungheria. Sembra però che l'unione fra i due sia stata particolarmente infelice, vista l'insofferenza reciproca che dominava i loro rapporti. In effetti Giovanna e Andrea erano due caratteri opposti: rozzo e ignorante lui, raffinata e colta lei. Già durante l'adolescenza, Giovanna cominciò ad intrattenere una relazione amorosa con un altro cugino, Luigi di Taranto, al quale la legava un sentimento puro e profondo. Ma la relazione rappresentava anche un grosso capitale politico per Caterina di Valois, madre di Luigi e detentrice del titolo di Imperatrice di Costantinopoli, che sperava di portare il figlio sul trono di Napoli. Il testamento di Roberto il Saggio stabiliva che Andrea fosse incoronato Re di Napoli per suo proprio diritto, visto che Roberto aveva spodestato il padre di Andrea, Caroberto, dal trono napoletano. Ma la sedicenne Giovanna si oppose al rispetto della disposizione testamentaria grazie anche al supporto della nobiltà napoletana, con conseguenti agitazioni dovute anche all'intervento di papa Clemente VI, titolare della signoria feudale sul regno. Il papa inviò il cardinale Amerigo di San Martino ad annullare il testamento di Roberto e a prendere temporaneamente il controllo del reame. Questi, nel 1343 a Roma, incoronò la sola Giovanna regina di Napoli, mentre il marito Andrea dovette accontentarsi del titolo di duca di Calabria. Ma il principe consorte aveva molti sostenitori, fra cui il fratello, Luigi I il Grande re d'Ungheria, e le sue aspirazioni al potere non erano cessate con l'ascesa al trono della moglie. La distanza fra i due coniugi era sempre più incolmabile, al punto che i nobili vicini a Giovanna decisero di risolvere drasticamente il problema organizzando l'uccisione di Andrea.

Nella notte del 18 settembre 1345, il duca di Calabria fu assassinato nel castello angioino di Aversa, poi divenuto monastero, da un gruppo di congiurati. L'episodio scatenò violente reazioni da parte dei sostenitori di Andrea e gettò pesanti sospetti sulla regina stessa, che in molti indicavano come la vera artefice e mandante dell'omicidio del marito. Poco tempo dopo, Giovanna metteva al mondo Carlo, figlio del defunto Andrea. Dell'evento delittuoso si occupò anche la corte pontificia, visto che il Regno di Napoli rimaneva vassallo della Chiesa. Clemente VI pretese che si scovassero e punissero tutti i congiurati, cosa che la stessa Giovanna aveva già disposto, non si sa se per amore di giustizia o per allontanare da sé i sospetti. In ogni caso, i responsabili diretti della morte di Andrea d'Ungheria furono tutti giustiziati. Ma la reazione più catastrofica fu sicuramente quella di Luigi d'Ungheria, fratello della vittima, che decise di infliggere una punizione esemplare alla cognata Giovanna. Mentre preparava un esercito per invadere il regno, nel maggio del 1346 Luigi inviò ad Avignone dei suoi legati per chiedere al pontefice di dichiarare deposta la regina. Il papato non si prestò a spalleggiare Luigi, il quale decise di proseguire a modo suo nell'intento.

Il 20 agosto 1347 la regina sposò in seconde nozze l'amato cugino Luigi di Taranto, anch'egli un Angiò, discendente di Carlo II lo Zoppo. Ma la vendetta di Luigi il Grande era pronta e per Napoli stava per scoccare un'ora buia. Il 3 novembre dello stesso anno il re d'Ungheria partì alla volta dell'Italia e dopo aver ottenuto l'appoggio politico e militare di molti principi italiani entrò a Benevento ai primi del 1348. Luigi di Taranto aveva radunato un esercito a Capua, nel tentativo di impedire la presa di Napoli. Ma i baroni del regno, anziché difendere la legittima sovrana, si schierarono con l'invasore, acclamato ovunque come signore e trionfatore. Mentre il marito temporeggiava e il suo esercito difensivo continuava ad assottigliarsi per le numerose defezioni, Giovanna intuì che tutto era perduto e il 15 gennaio lasciò Napoli in nave diretta in Provenza. Si rifugiò ad Avignone presso il papa, che le concesse il perdono e dove fu raggiunta, poche settimane dopo, da Luigi di Taranto, che aveva visto il suo esercito ridursi enormemente. Luigi d'Ungheria prese Napoli con estrema facilità, ma la sua permanenza nei territori partenopei sarebbe durata molto poco. Anche sul regno di Napoli si abbatté infatti la piaga della peste nera e Luigi partì in fretta dalla capitale lasciando la reggenza nelle mani di due funzionari ungheresi.

Nei mesi successivi il malcontento dei napoletani verso il governo straniero e la nostalgia per la regina esiliata crebbe fino a ricompattare i sentimenti filo-angioini del popolo e della nobiltà. Decisi a riconquistare il regno perduto, nell'agosto del 1348 Giovanna e Luigi reclutarono un esercito e tornarono a liberare Napoli e nominarono gran siniscalco del regno, Niccolò Acciaiuoli. Ma la cacciata delle milizie straniere, alle quali si erano aggiunti anche molti mercenari, fu più difficile del previsto, soprattutto in Puglia. Gli scontri si protrassero per molti mesi, dando al re d'Ungheria il tempo di organizzare una seconda spedizione nel sud Italia. Raggiunta Manfredonia via mare ai primi del 1350, Luigi si portò in poco tempo in Campania. Ma stavolta, furono i suoi stessi soldati a reclamare la fine delle ostilità e il ritorno in patria, stanchi del lungo periodo di guerre che avevano dovuto combattere. Con la mediazione dei legati pontifici, il re d'Ungheria accettò la firma della tregua e riprese la via del ritorno, ottenendo comunque l'istituzione di un processo a carico di Giovanna per accertare le sue responsabilità nell'assassinio di Andrea. Il processo si svolse alla corte papale di Avignone, sulla quale l'influenza degli Angioini era enorme. Grazie anche alla cessione alla Chiesa del dominio della città di Avignone, la regina fu dichiarata innocente e le rivendicazioni di Luigi il Grande furono, al momento, archiviate. La sentenza del processo decretò anche l'attribuzione del titolo di re di Napoli al marito di Giovanna, il principe consorte Luigi. Rientrati nella capitale nel gennaio del 1352, Giovanna I d'Angiò e Luigi di Taranto furono solennemente incoronati sovrani di Napoli. Luigi restò sul trono insieme alla moglie fino al 1362, anno della sua morte. Furono dieci anni di tranquillità e relativa pace, in quanto l'Acciaiuoli, fedele a Giovanna e forse anche amante, molto abile negli affari, seppe tenere a freno i baroni e seppe garantire l'indipendenza del regno.

Giovanna invece, nel 1363 sposò il re titolare del Regno di Maiorca, Giacomo IV, (1335-1375), che come principe consorte del regno di Napoli divenne Duca di Calabria. Nel 1366, anche perché in assenza di figli, si separò dalla moglie (sebbene non richiese mai l'annullamento) e abbandonò la corte napoletana, con l'obiettivo di riconquistare il regno di Maiorca e le altre sue contee. Nel 1363 Giovanna nomina Gran cancelliere il fedele Niccolò di Alife. Nel 1365, il 9 novembre, era morto l'Acciaiuoli. Il 27 agosto 1372, Giovanna, con l'approvazione di papa Gregorio XI, raggiunse un accordo definitivo col re di Sicilia, Federico IV, in cui l'isola veniva giuridicamente riconosciuta come un regno separato, col nome di Regno di Trinacria, in cambio di un indennizzo di 15.000 fiorini annui che dovevano essere pagati a Giovanna ed ai suoi successori.

Nel 1373, alla morte del cugino, Filippo II di Taranto, senza eredi, divenne principessa di Acaia, titolo che, dal 1375, le fu contestato dal marito di Margherita, la sorella di Filippo II di Taranto, Giacomo Del Balzo, che le fece guerra in Acaia, riuscendo a conquistare parte dei feudi. Giacomo, ancora sconfitto, nel 1374, si ritirò a Soria, in Castiglia, dove l'anno dopo morì. L'anno successivo, il 28 marzo 1376, Giovanna convolò a nozze, per la quarta volta, con Ottone IV di Brunswick. Anche Ottone, come prima Giacomo, non assunse mai il titolo regio, ma fu duca di Calabria.

Rimasta senza eredi per la morte prematura dell'unico figlio Carlo, avuto dal primo marito Andrea, Giovanna designò suo erede il cugino e nipote Carlo di Durazzo. Ma i due, già da tempo divisi dalle sfacciate aspirazioni al potere di Carlo, si trovarono nuovamente contrapposti durante la grave crisi della Chiesa che va sotto il nome di Scisma d'occidente. Mentre la regina appoggiava l'antipapa avignonese Clemente VII, eletto nel Concilio di Fondi alla cui convocazione aveva contribuito il gran cancelliere Niccolò Spinelli, Carlo di Durazzo sosteneva papa Urbano VI, il napoletano Bartolomeo Prignano. La fedeltà di Giovanna a Clemente VII era stata suggellata dal soggiorno di quest'ultimo alla corte di Napoli, in aperto contrasto con Urbano VI. Il quale non restò a guardare e decise di punire severamente la regina napoletana, che in quanto vassalla della Chiesa di Roma doveva obbedienza unicamente a lui.

Nell'aprile del 1380 il papa dichiarò Giovanna eretica e scismatica e la depose dal trono, mentre istigava contro di lei il suo principale nemico, Carlo di Durazzo. Per quest'ultimo l'occasione di impadronirsi del regno era l'obiettivo di una vita e rispose prontamente alla chiamata di Urbano. La regina reagì revocando il diritto di successione accordato a Carlo e nominando suo erede Luigi I d'Angiò, fratello di Carlo V di Francia, chiamato ad intervenire con le armi contro la minaccia del Durazzesco. Una mossa che finì col favorire Carlo, poiché Luigi, alla morte del re, suo fratello, fu costretto a restare in Francia per tenere la reggenza per il nipote Carlo VI, ancora minorenne. Col supporto del re d'Ungheria e ora anche di Polonia, Luigi I il Grande, Carlo di Durazzo, riconosciuto re di Napoli, il 1º giugno 1381, da Urbano IV, avanzò verso Napoli, dove Giovanna preparava una modesta difesa mettendo il marito Ottone a capo delle poche truppe che le rimanevano a disposizione. Sconfitto, nello stesso mese di giugno, Ottone ad Anagni, il 26 luglio 1381 Carlo di Durazzo entrò nella capitale aggirando le difese che Ottone aveva stanziato ad Aversa e mise sotto assedio il Maschio Angioino, dove la regina si era rifugiata. A fine agosto Ottone tentò di liberare Napoli e la moglie dalla morsa dell'invasore, ma lo scontro (24 agosto 1381) fu per lui un'autentica disfatta. Ottone cadde prigioniero nelle mani del nuovo re di Napoli mentre Giovanna, che si era dovuta arrendere (26 agosto), nel dicembre del 1381 fu portata prigioniera presso il castello del Parco di Nocera Inferiore, dove rimase fino al 28 marzo del 1382, quando venne trasferita nella lontana fortezza di Muro Lucano. Per Carlo, che assumeva la corona di Napoli col nome di Carlo III, la conquista del regno non era ancora conclusa. L'erede designato di Giovanna e suo difensore, Luigi d'Angiò, rispondendo ai solleciti dell'antipapa Clemente VII, che lo incoronò re di Napoli ad Avignone, preparava una spedizione in Italia alla conquista del reame di Napoli. Carlo allora decise di affermare ad ogni costo l'indiscutibilità della sua ascesa al trono e per sgombrare il campo da qualsiasi rivendicazione ordinò l'assassinio della regina. Giovanna d'Angiò fu raggiunta dai sicari nel castello di Muro Lucano e il 12 maggio 1382 morì assassinata, vittima delle trame del cugino usurpatore.

Non si conosce il luogo di sepoltura della sovrana: le cronache indicano il sacrario della sagrestia di Santa Chiara a Napoli o la chiesa di San Francesco d'Assisi a Monte Sant'Angelo. Qui Giovanna soggiornò nel castello e nella suddetta chiesa (da lei fatta costruire nel 1351) si può vedere una lastra tombale con effigie giacente della regina: il sarcofago, un tempo era posizionato nella zona centrale del coro, poi fu sistemato nel 1676 a destra dell'ingresso principale con un'iscrizione a ricordo dell'evento. L'unico autentico coevo ritratto di Giovanna era visibile nel frammento dell'affresco realizzato dal pittore Roberto d'Oderisio nella chiesa napoletana di Santa Maria Incoronata.