Enrico VI di Hohenstaufen (Nimega, 1º novembre 1165 – Messina, 28 settembre 1197) fu re di Germania (1190-1197), imperatore del Sacro Romano Impero (1191-1197) e re di Sicilia (1194-1197).
Enrico VI era figlio di Federico Barbarossa e della seconda moglie Beatrice di Borgogna. Nel 1168, a soli tre anni, fu eletto Re dei Romani.
Il 29 ottobre 1184 ad Augusta fu accordato tra il padre e il sovrano di Sicilia Guglielmo II il suo fidanzamento con Costanza, figlia di Ruggero II di Sicilia e zia di Guglielmo II di Sicilia. Nell'estate 1185 Costanza lasciò Palermo per recarsi a Milano, dove dovevano celebrarsi le nozze, accompagnata da un fastoso corteo di principi e baroni. Enrico la accompagnò fino a Salerno, dove dovette lasciarla per recarsi in Germania per i funerali della madre. Il 23 agosto 1185, per il valore simbolico e politico che aveva l'approvazione da parte della Chiesa nella prima città oltre i confini del Regno di Sicilia incontrata sul percorso, si tenne a Rieti una prima celebrazione del matrimonio, alla presenza di una delegazione imperiale in rappresentanza di Enrico. Il matrimonio fu poi ripetuto a Milano il 27 gennaio 1186.
Nel 1189, alla partenza del padre per la terza crociata assunse la reggenza del Sacro Romano Impero. L'anno successivo soffocò una rivolta di nobili capeggiata dal duca di Sassonia, Enrico il Leone.
Nel 1191, alla morte del padre, salì al potere e, pur assumendo verso la Chiesa una politica formalmente rispettosa, mantenne fermo il principio dell'universalità del suo ufficio. Sempre nel 1191 scese in Italia per essere incoronato re d'Italia a Pavia; giunse poi a Roma per ricevere la corona di imperatore da Celestino III, appena eletto papa, il quale dovette acconsentire per le pesanti pressioni esercitate sia dal partito filoimperiale sia dal Senato romano che aveva chiesto e ottenuto da Enrico lo smantellamento della guarnigione imperiale a Tuscolo. In virtù del suo matrimonio con Costanza d'Altavilla, alla quale i nobili siciliani nell'Assise di Troia del 1188 avevano confermato il voto d'obbedienza, rivendicò per sé il trono di Sicilia che, alla morte di Guglielmo II (1189), il conte Tancredi di Lecce si era arrogato.
In contrasto con i disegni paterni, egli voleva fare del Regno di Sicilia un feudo personale degli Hohenstaufen, estraneo sia all'antico Regno Italico sia all'impero; un centro strategico da sottrarre al controllo sia della Chiesa sia dei Principi italiani e tedeschi.
Dopo l'incoronazione si diresse verso sud per conquistare il regno di Sicilia, ma, durante l'assedio di Napoli, un'epidemia di peste diffusasi fra le sue truppe lo costrinse a tornare in Germania dove, approfittando della sua assenza, Enrico il Leone si era nuovamente messo alla guida di una rivolta di nobili. L'imperatore cercò di soffocare la rivolta in un bagno di sangue.
Nel frattempo il duca d'Austria, Leopoldo V, nel 1192 era riuscito a catturare Riccardo Cuor di Leone, re d'Inghilterra e cognato di Enrico il Leone, che stava ritornando dalla III Crociata. Consegnato a Enrico VI, questi nel 1194 lo rilasciò per 100.000 sterline (pari a 36 tonnellate d'argento) e, nello stesso anno, ottenne la sottomissione del duca di Sassonia e la riappacificazione della Germania.
Nel gennaio dello stesso anno il Papa, non tollerando la presenza di un re tedesco in quello che riteneva un feudo ecclesiale, aveva legittimato la successione di Tancredi di Sicilia ma, in circostanze misteriose, morirono sia il nuovo re sia il figlio Ruggero. Enrico VI, col sostegno delle flotte genovesi e pisane e con la forza delle armi, dopo essersi garantito la neutralità dei Comuni lombardi col Trattato di Vercelli del 12 gennaio 1194, sottomise la Sicilia. Nell'autunno del 1194, ricevette a Troia il giuramento di fedeltà dei feudatari rimasti fedeli agli Altavilla. In quella sede l'imperatore nominò Cancelliere del regno di Sicilia e Puglia il vescovo Gualtiero di Pagliara. La reggenza era ancora affidata alla Regina vedova Sibilla di Acerra, per il conte di Lecce, il minore Guglielmo, figlio di Tancredi. Enrico VI fu incoronato re di Sicilia il 25 dicembre del 1194 ("unio regni ad imperium").
La moglie Costanza, trattenuta a Jesi dalla gravidanza, il giorno dopo l'incoronazione di Enrico partorì l'attesissimo erede, il futuro Federico II, al quale fu imposto il nome di Federico Ruggero in onore dei due illustri nonni: Federico Barbarossa di Hohenstaufen e Ruggero II d'Altavilla.
Nel frattempo Enrico VI a Palermo aveva fatto imprigionare Sibilla e aveva ordinato l'accecamento e l'evirazione di Guglielmo III e l'immediata deportazione di entrambi in Germania. Nonostante la facilità con cui si era annesso il Regno di Sicilia, Enrico VI usò atroci crudeltà contro laici ed ecclesiastici, accusandoli di congiura e suppliziandoli barbaramente. Anche lo zio di Guglielmo, il conte Riccardo d'Acerra, reduce dalla crociata venne imprigionato. A causa di questi fatti ci furono gravi ripercussioni nei rapporti familiari. L'Imperatrice Costanza, divisa tra il ruolo di moglie di un personaggio temuto e odiato e quello di discendente di una famiglia amata dal popolo siciliano, sviluppò una sorta di odio per i tedeschi. Affidato il neonato Federico alla tutela di Corrado di Urslingen, ultimo Duca di Spoleto, coltivando la segreta speranza di pacificare le fazioni in scontro, Costanza partì per la Sicilia, senza immaginare che nell'isola si avvicendavano caos, malcontento, ribellioni e paura, fomentate da una repressiva e sanguinaria tirannide.
Enrico aveva la consapevolezza che il suo potere, per quanto enorme, mancasse di unità. Non gli erano sfuggite le diversità etniche dei sudditi né le differenze di ordinamento fra il Regno e i vari territori dell'Impero: la Sicilia era una monarchia ereditaria; la Germania una monarchia elettiva, gli altri territori erano feudi. Vide la nascita dell'erede come l'occasione giusta per realizzare un progetto di organicità: ai Principi tedeschi offrì l'ereditarietà dei patrimoni e ai Vescovi la libertà di scegliersi i successori. I grandi Elettori, abbagliati dal rilascio di così consistenti fette di potere, avrebbero costituito una potente forza nell'Impero al cui interno egli puntava a collocare il Mezzogiorno d'Italia, accorpandolo alla Germania e riservando a sé il dominio e l'uso della Sicilia.
Con queste mire e con la fortissima aspirazione di mettere le mani anche su Costantinopoli, su cui accampava diritti grazie alle nozze tra il fratello Filippo di Svevia e Irene, figlia di Isacco II Angelo, chiese al Papa di associare il primogenito alla corona dell'Impero. Dopo il rifiuto della Santa Sede, i principi tedeschi, in una Dieta tenuta a Francoforte, elessero all'unanimità l'infante Federico Ruggero re e imperatore ereditario.
Nel 1196, alla Dieta di Capua, l'imperatore decretò la feroce esecuzione di Riccardo d'Acerra, a seguito della quale, nel 1197, credette di avere scoperto un ulteriore complotto ai suoi danni, sospettandovi la partecipazione anche di papa Celestino III. Enrico calcò la mano e ordinò sanguinose repressioni ed esecuzioni di massa; i carnefici ebbero un gran da fare impiccando, bruciando e accecando i rivoltosi. A Catania, i presunti congiurati furono sottoposti a tremende torture: al Signore di Enna, con grande strazio della Regina Costanza, fu cinto il capo d'una corona arroventata.
Il clima di terrore che attanagliò la Sicilia si allentò solo con la morte improvvisa dell'imperatore. Durante l'assedio di Castrogiovanni, Enrico accusò un malore; trasportato a Messina, nella notte tra il 28 e il 29 settembre 1197, morì per il riacutizzarsi di un'infezione intestinale, forse in seguito a un avvelenamento da parte della moglie. Aveva appena deciso di allestire una nuova crociata, motivata dalla propria ambizione politica sull'Oriente e dall'onore della memoria del padre. Corrado di Wittelsbach, arcivescovo di Magonza, delegato alle operazioni di guerra, lo aveva preceduto in Terra Santa e aveva già conquistato Sidone e Beirut, ma la notizia della sua morte indusse al rientro sia il prelato sia i crociati.
Il Regno di Sicilia, di cui egli aveva ereditato anarchia, disagio finanziario, baronie riottose e musulmani in rivolta, era di nuovo nel caos. Nonostante i suoi sforzi, riuscì ad assicurare solo la successione del figlio di appena tre anni, il futuro Federico II. La moglie Costanza, che gli sopravvisse poco più di un anno, fu reggente nel Regno.