Dei Siculi sappiamo che si stanziarono nella parte orientale dell’isola, ma ci sono pareri discordanti sulla data del loro arrivo e sulla loro provenienza.

Secondo Dionigi di Alicarnasso, riportando il parere di Ellanico di Mitilene, giunsero in Sicilia sul finire del XIII sec. a.C. e spinsero i Sicani nella parte occidentale dell’isola, ma secondo Diodoro si trattò di una fuga per le frequenti eruzioni dell’Etna.

Tucidide sostiene invece che provenivano dal Lazio e passarono in Sicilia nel 1035 a.C. perché cacciati dagli Opici, ma recenti scoperte archeologiche ci suggeriscono che la sola popolazione di origine italica trasferitasi nell’isola fu quella degli Ausoni i quali, secondo Diodoro, intorno al 1250 a.C. si stanziarono prima nelle isole Eolie e poi a Mylai.

Delle città abitate dai Siculi ricordiamo: Abaceno, Acre, Agatirno, Agyrio, Alonzio, Ameselo Apollonia, Assoro, Bidis, Capizzi, Centoripa, Csutia,  Echetla,  Eloro,  Engio,  Erbesso,  Ergezio,  Galaria,  Henna,  Herbita,  Hybla,  Hybla  Herae, Katane, Icana, Imachara, Inessa, Martorio, Menainon, Mytistrato, Moranzio, Motyke, Naxo, Neeto, Paropo, Petra, Sùraka, Tauromenio, Tissa, Trinachia, Zanclon.

La tradizione storica riporta il nome di Iblone, re di Hybla, e questo fa ritenere che le città sicule prima della colonizzazione erano rette da monarchie.

Nel V sec. a.C. qualche centro siculo sopravviveva ancora, come Menainon (Mineo), e l’area abitata intorno al lago Naftia sacro agli dei Palici divenne dal 460 al 450 a.C. il focolaio di rivolta dei Siculi capeggiata da Ducezio.

Alcuni storici identificano i Siculi con i Sekelesh, ricordati a Ugarit e dai faraoni Merneptah e Ramses III quando segnalarono i loro ripetuti attacchi all’Egitto. Questo accostamento è rigettato da altri perché considerano i Siculi di così scarsa valenza militare da non essere in grado di sfidare il potente regno egizio, mentre sostengono che i Sekelesh furono originari di Salagassos (Pisidia), forse per un’assonanza tra i due nomi. Posta in questi termini l’obiezione appare plausibile, ma se fissiamo il loro stanziamento in Sicilia dopo le incursioni dei Popoli del Mare possiamo vedere nei Sekelesh non dei guerrieri aggressori, bensì dei profughi in cerca di asilo i quali, essendo stati respinti dai faraoni d’Egitto, furono costretti a dirottare in Sicilia e nell’Italia meridionale. Se condividiamo questa tesi possiamo ritenere i Sekelesh di provenienza egea, ma una tale congettura, non disponendo di prove documentali, può sembrare poco attendibile.

Se volgiamo la nostra attenzione agli spostamenti dei coloni greci arrivati in Sicilia nell’VIII sec. a.C. possiamo notare che i loro insediamenti avvennero nelle stesse terre dove erano vissuti prima i Micenei e poi i Siculi. Tale constatazione stimola delle connessioni che riteniamo opportuno sottolineare.

  • Naxos è riconosciuta come la più antica colonia della Sicilia ed il primo punto di approdo dei coloni greci. Si ritiene che sia stata fondata dai Calcidesi nel 735 a.C., ma un’isola dello stesso nome è presente nell’Egeo ed essendo molto vicina a Thera è presumibile che anch’essa sia stata investita dall’esplosione del vulcano avvenuta nel XV sec. a.C. e che il suo popolo sia stato costretto ad evacuare. Ripopolata dai Micenei l’isola riattivò i suoi commerci, ma l’archeologia ci informa che alla fine del XIII sec. a.C. subì un’altra diaspora e tornò a ripopolarsi soltanto dopo l’anno Mille.  
    Non  sappiamo  dove  i  Naxii  in  quelle  circostanze  andarono  a  rifugiarsi,  ma  essendo  stati  abili costruttori  di  navi  e  buoni  navigatori  sia  in  epoca  minoica  che  micenea  essi  avrebbero  potuto trovare più volte riparo in Sicilia, perciò è ipotizzabile che il loro insediamento nello scalo jonico sia avvenuto  molto tempo prima dell’arrivo dei  Calcidesi, diversamente sarebbe inspiegabile il toponimo attribuito alla colonia. Se così è stato essi avrebbero potuto far parte di quel gruppo di Siculi che sbarcarono in Sicilia alla fine del XIII sec. a.C..
  • Un’analoga riflessione possiamo farla per Zancle e Reghion i cui approdi costituirono fin dall’età neolitica un passaggio obbligato lungo la rotta che dall’Egeo portava alle Eolie, dove allora veniva estratta l’ossidiana, il luccicante vetro vulcanico. Essendo i due toponimi di origine sicula (Zancle - falce e Reghion - promontorio) è del tutto legittimo sostenere che i due centri portuali furono abitati dai Siculi prima ancora dell’insediamento dei coloni calcidesi e messeni.
  • La stessa considerazione possiamo farla per la costa orientale dell’isola dove era fiorita la cultura micenea  di  Thapsos la quale decadde sul finire del XIII sec. a.C. proprio in concomitanza con l’arrivo  dei  Siculi. Nel 734 a.C. i Corinzi si insediarono nella vicina Siracusa e i Calcidesi a Catania i cui toponimi sono anch’essi di origine sicula (Sùraka - abbondanza d’acqua e Katane - grattugia, in riferimento all’aspro territorio lavico).
  • Sulla costa sud-orientale, su una bassa collina che si eleva nei pressi di Piano Notaro, i Rodio-Cretesi nel 688 a.C. fondarono Gela in un territorio già densamente abitato in età minoica, ma quasi del tutto spopolato nella tarda età del bronzo, forse perché reso paludoso dalle inondazioni del fiume Gela-Maroglio. Qualche secolo dopo i Geloi si spinsero verso occidente e a sei km dall’emporio  miceneo di Cannatello e vicino al primitivo santuario di Demetra nel 580 a.C. fondarono Agrigento.
  • I coloni di Mégara Nisea si stanziarono prima sul colle S. Mauro, vicino al colle Metapiccola abitato dai Siculi, ma poi costretti a lasciare la città e grazie all’aiuto del re siculo Iblone, nel 728 a.C. fondarono Mégara Hyblaea nelle cui vicinanze persisteva ancora una comunità micenea.
  • Chiusa tra Siracusa e Lentini, la città visse una storia travagliata e un secolo dopo alcuni suoi abitanti, insieme ad altri Megaresi venuti dalla Grecia, si trasferirono nella Sicilia occidentale dove nel 628 a.C. fondarono Selinunte.  

Le fonti storiche non ci dicono perché i coloni megaresi scelsero un territorio così lontano, ma un rimarchevole indizio ce lo offre il santuario della Malophòros alla Gàggera, una divinità i cui epiteti micenei, Potnia e Anassa usati dagli indigeni, sono gli stessi di quelli attribuiti alla dea presente nel pantheon di Mégara Nisea, madrepatria dei coloni selinuntini. E’ chiaro allora che i Megaresi furono spinti verso queste terre perché sapevano che qui avrebbero trovato una popolazione che praticava il loro stesso culto e quindi a loro familiare.

Tutti questi nessi evidenziano che gli insediamenti coloniali avvennero in luoghi già frequentati o abitati prima dai Micenei e poi dai Siculi ed una ulteriore conferma ce la offre Ortigia, l’isola di Siracusa, dove al di sotto degli edifici di età greca è stato individuato un preesistente centro indigeno.

Tre frammenti di testi scritti in caratteri maiuscoli paraellenici su reperti fittili ci assicurano che tra i Siculi e i coloni greci intercorse un’affinità linguistica:

  • La prima iscrizione è stata trovata a Centuripe (Enna) su un vaso votivo di terracotta dove si legge: Questo vaso è stato offerto in dono agli dèi e pertanto gli eredi non lo adoperino per il vino.
  • La seconda è stata rinvenuta ad Adrano (Catania) su due tegole con scritta la frase: Le due tegole qui ad Asso sono state offerte da sei anni.
  • La terza è stata ritrovata a Sciri Sottano (Catania) su una stele sepolcrale con l’incisione: Nendas ha edificato a te, Praari, il sepolcro in quel di Burena.

La scelta fatta dai coloni, dunque, non fu affidata al caso ma fu opportunamente mirata perché essi sapevano che queste terre erano abitate da gente favorevole ad un loro insediamento. Possiamo allora vedere nell’arrivo dei coloni in Sicilia nient’altro che un movimento di emigranti che partiti dalle metropoleis greche nell’VIII sec. a.C. andarono a cercare la casa fuori (apoikìa) e nell’incontro con le comunità indigene un’aggregazione di popoli della stessa etnìa. Anche i nostri giovani, quando nel passato andavano a cercare lavoro all’estero, di solito sceglievano le città dove sapevano che avrebbero trovato parenti, amici o gente che parlava la loro stessa lingua. Queste affinità etniche spiegano perché i primi insediamenti coloniali, come vedremo più avanti, avvennero pacificamente, mentre i tentativi di penetrazione in quelle terre i cui  abitanti erano di ceppo etnico diverso (Elimi, Sicani e Fenici) sfociarono in guerre sanguinose.

Così come è indubbio che la provenienza dei Micenei e dei coloni greci va indicata nel continente greco e nelle isole del mare Egeo, riteniamo che anche quella dei Siculi, insediatisi nella stessa terra in un’epoca intermedia, vada ricercata nella stessa area. E’ allora molto probabile che il trasferimento dei Sekelesh-Siculi nell’isola sia avvenuto subito dopo il crollo dei regni micenei e non è da escludere che, essendo la penisola salentina un punto di approdo favorevole per la sua vicinanza al continente greco, altri gruppi abbiano scelto l’Italia meridionale, così come avevano fatto gli Japigi. Ma essendo stati cacciati dagli Opici, essi nel 1035 a.C. si trasferirono in Sicilia e, stanziatisi nelle Eolie (Calcara, Capo Graziano e Lipari) e nella parte settentrionale dell’isola (Capaci, Tindari, Milazzo e Moarda), portarono con sé oltre ai loro usi e costumi anche le espressioni idiomatiche acquisite nella regione centro-meridionale della penisola, dove erano vissuti per circa due secoli.

La decadenza della cultura di Thapsos avvenuta alla fine del XIII sec. a.C. non può, quindi, essere stata prodotta da questi Siculi venuti dall’Italia nell’XI sec. a.C., ma da quei Sekelesh-Siculi sbarcati nell’emporio miceneo duecento anni prima.