La costituzione del popolo dei Campani rappresenta un evento storicamente determinato datato nel 438 a.C. da Diodoro Siculo (XII, 31, 1), che riferisce l’etnico al nome della pianura intorno a Capua attraverso la connessione paretimologica con il latino campus. Tappe cruciali del processo di affermazione etnica e politica dei Campani sono la conquista di Capua nel 423 a.C. (Dion. Hal., XV, 3, 7) e di Cuma nel 421 a.C. (Diod. Sic., XII, 76, 4; Strab., V, 4, 4) che la tradizione storica romana, confluita soprattutto in Livio, tende invece a riferire ai Sanniti. La contrapposizione tra i due ethne, evidente in occasione della prima e seconda guerra sannitica (343- 304 a.C.), è registrata, forse già alla fine del V sec. a.C., dallo Pseudo-Scilace (Per., 10-11) che colloca i Campani nel Golfo di Napoli e i Sanniti nel territorio tra il promontorio di Sorrento e il Sele. Al passaggio tra il Bronzo Finale e l’età del Ferro (fine del X sec. a.C.) risale la frequentazione di siti nodali nel sistema insediativo indigeno, come Cuma e Capua (necropoli di Sant’Angelo in Formis) in Campania settentrionale e Pontecagnano ed Eboli (abitato di Montedoro) nella pianura costiera a nord del Sele.
Durante l’età del Ferro (IX - metà dell’VIII sec. a.C.) il territorio regionale si articola, in base al rituale funerario, in due grandi facies culturali: una locale di inumatori (cultura delle Tombe a Fossa) e una allotria di incineratori di cultura villanoviana attestata a Capua, Pontecagnano, Eboli, Sala Consilina. I due aspetti, fortemente interrelati, presentano una pronunciata articolazione interna: la cultura delle Tombe a Fossa può essere suddivisa in un aspetto costiero, comprendente Cuma, la pianura campana (Suessula, presso l’od. Cancello) e la valle del Sarno (San Marzano, San Valentino Torio, Striano), e in uno interno, rappresentato dal gruppo irpino cosiddetto “di Oliveto Citra-Cairano”; nell’ambito villanoviano i gruppi di Pontecagnano, Eboli e Sala Consilina si correlano all’Etruria meridionale tirrenica, mentre quello di Capua è piuttosto affine al mondo dell’Etruria interna tiberina e dell’agro falisco. Al di là del particolarismo culturale, i centri villanoviani presentano una comune fisionomia insediativa con agglomerati accentrati di grandi dimensioni, a elevata coesione interna.
La fondazione di Pithecusa e poi della polis di Cuma sul sito del precedente abitato pre-ellenico, innesca, attraverso il contatto con realtà economiche e sociali più avanzate, un impetuoso processo di sviluppo nelle comunità indigene al cui interno emerge un’aristocrazia di tipo gentilizio contraddistinta a livello funerario, oltre che dalla ricchezza dei corredi, dalla pianificazione monumentale dei sepolcreti (necropoli in località Cappuccini a Capua, di San Valentino Torio, in località Sant’Antonio a Pontecagnano). Nell’intermediazione tra mondo greco e ambiente indigeno acquistano un ruolo primario gli insediamenti di Capua e Pontecagnano, quest’ultimo attivo centro emporico sulla rotta costiera verso il Golfo di Napoli e l’Etruria. Allo scorcio dell’VIII sec. a.C. vengono fondati o potenziati gli insediamenti interni di Calatia (Maddaloni), Nola, Abella (Avella) ubicati allo sbocco dei passaggi transappennici, che mettono in comunicazione la pianura campana con il mondo daunio e sannitico. Sia in area costiera (Pontecagnano, San Marzano e San Valentino Torio) che all’interno (Calatia, Bisaccia nell’alta valle dell’Ofanto), tra la fine dell’VIII e la metà del VII sec. a.C., emergono al vertice delle comunità locali figure di rango principesco caratterizzate dal fasto delle sepolture recanti prestigiosi manufatti di importazione greca, orientale ed etrusca.
Nella prima metà del VI sec. a.C. si attua nell’intero territorio campano un grandioso processo di urbanizzazione, che investe sia insediamenti di antica formazione sia nuovi centri sorti per aggregazione sinecistica come, ad esempio, Pompei e Nocera (in osco, insieme a Nola, letteralmente la città nuova) nella valle del Sarno; gli abitati vengono pianificati secondo criteri funzionali (definizione dei tracciati viari, organizzazione delle aree pubbliche e di santuario), che rimangono invariati fino alla romanizzazione. La formazione della città si attua all’insegna di un processo di “etruschizzazione” delle comunità locali, significativamente documentato dalla diffusione della scrittura etrusca. Ugualmente rilevanti sono i legami con il mondo magno-greco sia delle poleis achee sia soprattutto di Cuma: snodo dei commerci tirrenici in rapporto con i centri emporici meridionali di Pontecagnano e, dalla seconda metà del VI sec. a.C., di Marcina (Fratte di Salerno), la città greca è al tempo stesso connessa a Capua da un sistema di interdipendenze non interrotto neanche dall’attacco degli Etruschi “del Golfo Ionico” e dei barbari umbri e dauni (Dion. Hal., VII, 3, 1) nel 524 a.C.
Il sistema insediativo arcaico, fondato sull’interrelazione con l’Etruria costiera e la Magna Grecia, entra in crisi dopo la seconda battaglia di Cuma (474 a.C.) con l’affermazione dell’egemonia siracusana nel basso Tirreno che conduce alla fondazione, con il concorso cumano, di Napoli. La “città nuova” diviene lo sbocco della produzione agricola dell’interno drenata soprattutto in funzione del mercato ateniese, smistando a sua volta nelle aree indigene la produzione vascolare di lusso attica. Il rapporto privilegiato tra Napoli e il retroterra campano trova un eccezionale riscontro, al passaggio tra V e IV sec. a.C., nella produzione da parte della zecca della polis di emissioni monetali d’argento coniate per conto di comunità indigene di cui viene riportato l’etnico in osco o in greco (Campani, Nola, Hyrietes, Fenserni, Allifae, Fisteli). Il mutamento degli equilibri economici e politici dopo la battaglia di Cuma favorisce nei centri campani la formazione di ristrette oligarchie urbane a cui si accompagna una evidente contrazione delle attività di scambio e artigianali fiorite nel periodo precedente: l’aristocrazia dominante si orienta piuttosto verso forme di tesaurizzazione della ricchezza, parzialmente incanalate nell’esibizione di lusso funerario come nel caso della tomba cosiddetta “di Brygos” a Capua.
La conflittualità suscitata dalla “serrata oligarchica” alimenta nella pianura di Capua il processo di aggregazione etnica e politica dell’elemento indigeno che culmina nel 438 a.C. con la costituzione dell’ethnos dei Campani: le successive conquiste campane di Capua nel 423 a.C. e di Cuma nel 421 a.C. ripristinano la secolare integrazione del sistema territoriale della piana del Volturno. Un’ultima significativa ristrutturazione del mondo campano interviene con l’espansione romana nella seconda metà del IV sec. a.C. Essa non solo suscita un’intensa ripresa delle attività produttive e commerciali nel segno di una rinnovata apertura verso l’Italia centrale e il mondo magno-greco e siceliota, ma al tempo stesso promuove una profonda riorganizzazione degli assetti urbani e territoriali come prova, allo scorcio del secolo, la revisione degli impianti planimetrici di Pompei e Nocera riallineati in asse con la sorgente del fiume Sarno, dio patrio delle due città.