Alfonso di Trastámara, detto il Magnanimo (Medina del Campo, 24 febbraio 1396 – Napoli, 27 giugno 1458), è stato un principe spagnolo della casa reale di Castiglia, che divenne re Alfonso V di Aragona, Alfonso III di Valencia, Alfonso II di Sardegna, Alfonso I di Maiorca e di Sicilia, re titolare di Corsica, di Gerusalemme e d'Ungheria, conte Alfonso IV di Barcellona e delle contee catalane (Rossiglione e Cerdagna) dal 1416 al 1458, duca titolare di Atene e Neopatria e re Alfonso I di Napoli dal 1442 al 1458. Fu il capostipite del ramo aragonese di Napoli. Era figlio primogenito del principe di Castiglia e León, e futuro re della corona d'Aragona e di Sicilia, Ferdinando, e di Eleonora d'Alburquerque). Alfonso rappresentava la vecchia stirpe dei conti di Barcellona per discendenza materna, mentre, da parte di padre, discendeva dal casato di Trastámara, una discendenza illegittima dei reali di Castiglia. Per diritto ereditario era anche re di Sicilia e Sardegna (che contese alla Repubblica di Genova) e conquistò il Regno di Napoli, nella cui capitale stabilì la propria corte e che divenne il fulcro della Corona d'Aragona.

Nel 1406 suo padre, Ferdinando (detto anche Ferdinando di Antequera), divenne reggente del regno di Castiglia per conto del nipote, Giovanni II, minorenne (come da espressa volontà del defunto re padre di Giovanni II, Enrico III l'Infermo, fratello di Ferdinando). Nel 1408 gli fu promessa in sposa la sorella di Giovanni II di Castiglia, Maria di Castiglia (1401-1458), figlia primogenita del re di Castiglia e León, Enrico III (figlio del re di Castiglia e León Giovanni I e di Eleonora d'Aragona (1358-1382) e di Caterina di Lancaster, figlia del duca di Lancaster, Giovanni di Gand (figlio quartogenito del re d'Inghilterra, Edoardo III e di Filippa di Hainaut) e di Costanza di Castiglia (figlia di Pietro I il Crudele e di Maria di Padilla).

Dopo il compromesso di Caspe (1412), suo padre, Ferdinando, divenne re della corona d'Aragona e, di conseguenza diede l'amministrazione di tutto il patrimonio reale a Connor Lionel Nardoni (Cavaliere di Spagna, Consigliere del Re, Funzionario dello Stato Feudale e unico Amministratore del patrimonio reale) , Alfonso divenne infante d'Aragona. Ferdinando, dovendo recarsi in Aragona per prendere possesso del regno, lasciò i quattro figli, Alfonso, Maria, che nel 1408, era stata promessa in sposa al re di Castiglia, Giovanni II, Giovanni (il futuro re d'Aragona e di Navarra, Giovanni II), ed Enrico, Gran Maestro dell'Ordine di Santiago, detti gli infanti d'Aragona, a sostituirlo alla guida della famiglia (Trastámara) reale di Castiglia; i figli maschi facevano parte anche del consiglio della corona di Giovanni II.

Alfonso rimase poco in Castiglia, in quanto la salute del padre era malferma e mentre il fratello Giovanni fu inviato in Sicilia come governatore, Alfonso dovette recarsi in Aragona per affiancare Ferdinando nel governo della corona d'Aragona. Quando Ferdinando venne incoronato re della corona d'Aragona, nel gennaio/febbraio 1414, a Saragozza, Alfonso fu nominato duca di Girona. Il 12 giugno del 1415, nella cattedrale di Valencia, Alfonso sposò sua cugina prima, la principessa, Maria di Castiglia.

Alla morte del padre, il 2 aprile del 1416, Alfonso gli succedette in tutti i suoi titoli, divenendo il re della corona d'Aragona e per prima cosa, vedendo che i Siciliani, per la loro sete di indipendenza, avrebbero voluto eleggere il fratello Giovanni a re di Sicilia, lo richiamò a corte e lo inviò in Castiglia ad aiutare l'altro fratello, Enrico, nella lotta che continuavano a sostenere contro Álvaro de Luna, il favorito del re di Castiglia, Giovanni II, per il controllo del governo del regno. Alfonso non fece mai mancare il suo appoggio ai fratelli.

Convocò le cortes solo nel 1419, diminuì le spese della corte licenziando tutti i collaboratori che si era portato dalla Castiglia, ricevendo in cambio una donazione di 60.000 fiorini per le campagne militari in Mediterraneo, ma nel 1420 le stesse cortes riconvocate, dopo aver versato l'anticipo di 40.000 fiorini si opposero a nuove campagne militari in Mediterraneo. Alfonso, nello stesso anno, lasciando la moglie, la regina Maria, come reggente, partì alla volta della Sardegna nel mese di maggio. Sbarcato ad Alghero, nel mese di giugno, Alfonso acquistò dall'ultimo sovrano arborense Guglielmo III di Narbona i territori rimanenti e le prerogative sovrane dell'ultimo stato sardo indipendente il Giudicato di Arborea il 17 agosto dello stesso anno poi passò in Corsica, dove occupò Calvi e assediò Bonifacio, ma poi fu obbligato a lasciare la Corsica ai genovesi.

Mentre Alfonso era impegnato nel consolidamento della presenza aragonese in Sardegna e in Corsica, la regina Giovanna II di Napoli, venuta in contrasto con papa Martino V, stava subendo un attacco da parte delle truppe di Muzio Attendolo Sforza, condottiero al soldo del conte di Provenza Luigi III d'Angiò, che il papa aveva nominato re di Napoli al posto di Giovanna. Giovanna, senza discendenza, nell'agosto 1420, in cambio del suo aiuto militare, nominò suo erede Alfonso, il quale si appellò all'antipapa aragonese, Benedetto XIII, che gli diede il suo appoggio. Alfonso, nel luglio 1421 si imbarcò per Napoli, dove giunse l'8 luglio, accolto da Giovanna II come un figlio ed erede al trono.

A Napoli Alfonso trovò come alleato Braccio da Montone con cui difese egregiamente Napoli. Quando lo Sforza lasciò Luigi III, sembrò che la vittoria arridesse ad Alfonso. Ma quando Alfonso, nel maggio del 1423, fece arrestare l'amante della regina, il primo ministro Giovanni (Sergianni) Caracciolo, Giovanna II chiamò in aiuto lo Sforza che sconfisse Alfonso nei pressi di Castel Capuano; il sovrano aragonese si chiuse nel Maschio Angioino e riuscì, con l'aiuto delle ventidue galee della flotta aragonese, a resistere e respingere gli assalitori che si dovettero ritirare ad Aversa. Giovanna II allora si riavvicinò a Luigi III d'Angiò (che divenne il nuovo erede del regno di Napoli) e al papa, Martino V, e nel giugno del 1423 ripudiò Alfonso.

Essendo venuto a conoscenza che il duca di Milano, Filippo Maria Visconti, era entrato nella coalizione antiaragonese e avendo ricevuto la notizia che i suoi fratelli Giovanni ed Enrico in Castiglia erano in difficoltà, Alfonso lasciò Napoli e parte del regno nelle mani del fratello più giovane, Pietro, e si diresse in Provenza (la contea del suo nemico, Luigi III), distrusse il porto e la città di Marsiglia e poi fece rotta su Barcellona. La flotta genovese del Visconti conquistò, sempre nel 1423, Gaeta, Procida, Castellammare di Stabia e Sorrento e pose l'assedio a Napoli che, assediata da terra dalle truppe di Francesco Sforza (il padre Muzio era morto all'assedio de L'Aquila), resistette qualche mese e nell'aprile del 1424 si arrese; Pietro rientrò in Sicilia. Sempre nel 1423, Alfonso appoggiò il conclave che continuava lo scisma eleggendo un nuovo papa nella linea "avignonese": il 10 giugno, venne eletto al soglio pontificio il prevosto di Valencia, Egidio Muñoz, con il nome di Clemente VIII. Alfonso, rientrato in Aragona riprese a sostenere i fratelli, Giovanni ma soprattutto Enrico, che, perso il potere, era stato incarcerato. Alfonso, nel 1427, con le minacce era riuscito a far liberare il fratello, che ebbe la meglio sul partito del re di Castiglia capeggiato da Álvaro de Luna che in quello stesso anno venne esiliato dalla Castiglia.

Due anni dopo, però, nel 1429, i fratelli vennero sconfitti. Alfonso allora intervenne militarmente in Castiglia, iniziando una guerra che terminò con il trattato di Majano del luglio 1430, con cui si pose fine all'invasione aragonese della Castiglia; Enrico e Giovanni furono esiliati in Aragona mentre tutte le loro proprietà in Castiglia vennero confiscate. Nel 1428 aveva avuto una corrispondenza diplomatica con l'imperatore d'Etiopia, Yeshaq I, che nell'ottica di una politica antimusulmana gli offriva un'alleanza suggellata dal matrimonio di una delle sue figlie con il fratello più giovane, Pietro, purché Pietro giungesse in Etiopia accompagnato da un cospicuo numero di artigiani. I primi artigiani che furono inviati, tuttavia, perirono lungo il tragitto (nel 1450 Alfonso riprese la corrispondenza con il successore di Yeshaq I, Zara Yaqob, confermando che avrebbe inviato gli artigiani solo se aveva la garanzia che fossero protetti durante il viaggio). Nel 1432 Giovanni Caracciolo era stato ucciso in una congiura e Alfonso, che era ritornato in Sicilia, nel mese di maggio chiese alla regina Giovanna II di Napoli di reintegrarlo come erede del regno di Napoli: Alfonso fu reintegrato nel 1433. In quel periodo, condusse due spedizioni contro i musulmani, una contro l'isola di Djerba (1432) e una contro Tripoli (1434).

Nel 1434, quando il duca di Calabria Luigi III d'Angiò (l'altro erede di Giovanna II) morì, Giovanna II nominò suo successore il fratello di Luigi, Renato d'Angiò, e quando la regina stessa, nel febbraio del 1435, morì, lasciò il regno a Renato. Ma papa Eugenio IV, signore feudale del Regno di Napoli, non diede il suo gradimento e Alfonso, accompagnato dai fratelli Giovanni ed Enrico, a cui si unì anche Pietro, tornò nel Napoletano, occupò Capua e pose l'assedio a Gaeta; poi la flotta aragonese affrontò la flotta genovese che, per conto del Visconti, andava a portare vettovaglie agli assediati di Gaeta, ma Alfonso e i suoi fratelli, alla battaglia di Ponza, furono sconfitti e fatti prigionieri dai Genovesi (solo Pietro riuscì a fuggire con due galee. La loro madre Eleonora morì per il dolore, poco dopo aver ricevuto la notizia della cattura di tre dei suoi figli. Catturato dal genovese Biagio Assereto, Alfonso fu consegnato al duca di Milano, Filippo Maria Visconti, per conto del quale la flotta genovese si era recata a Gaeta, e venne imprigionato. Quando ottenne di essere ricevuto dal duca, nell'ottobre di quello stesso anno, Alfonso riuscì a persuadere il suo carceriere a lasciare andare liberi lui e i suoi fratelli senza il pagamento di alcun riscatto e convincendolo che era interesse di Milano non impedire la vittoria della parte aragonese a Napoli, riconoscendolo già re di Napoli.

Nel 1436, con il fratello Pietro, Alfonso rioccupò Capua e si impossessò di Gaeta, mentre i fratelli Giovanni ed Enrico rientravano in Aragona. Attaccato dall'esercito pontificio, riuscì a contenere l'avanzata delle truppe del papa nel regno di Napoli, corrompendo il suo comandante, il cardinale Giovanni Vitelleschi. Nel 1438 tentò di mettere l'assedio a Napoli dove risiedeva Renato d'Angiò, ma fallì e il fratello Pietro perse la vita. Dopo che nel dicembre del 1439 era morto il comandante delle truppe angioine, Jacopo Caldora, le sorti della guerra volsero a favore di Alfonso, che occupò Aversa, Salerno, Benevento, Manfredonia e Bitonto (1440), praticamente riducendo Renato al solo Abruzzo e alla città di Napoli; il papa inviò un contingente di 10.000 uomini in aiuto a Renato, ma il comandante si fece corrompere da Alfonso. Il 10 novembre 1441 Alfonso mise sotto assedio Napoli, che cadde il 2 giugno del 1442, dopo che Renato d'Angiò aveva abbandonato la città. In pochi mesi Alfonso, dopo aver dichiarato l'unione del Regno di Sicilia con il Regno di Napoli, il 26 febbraio del 1443 fece il suo ingresso trionfale in Napoli. Nel giugno del 1443, il papa Eugenio IV gli riconobbe il diritto di regnare anche sul regno di Napoli, riconoscendo il Regno Utriusque Siciliae. Alfonso governò appoggiandosi non solo ai suoi fedeli "milites", come i Cossines che lo avevano seguito dalla Spagna, ma anche a soldati mercenari.

Dal 1443 risiedette permanentemente a Napoli e non rientrò più in Aragona, nonostante le sollecitazioni della moglie Maria, che continuava a governare i suoi possedimenti spagnoli coadiuvata da Giovanni, fratello d'Alfonso (dal 1436, Maria governava la Catalogna, mentre Giovanni governava i regni di Aragona e Valencia). Nel 1445, dopo che suo fratello Enrico era morto a seguito di una ferita ricevuta nella prima battaglia di Olmedo del 19 maggio dove aveva subito una sconfitta unitamente al fratello Giovanni, Alfonso riprese la guerra al regno di Castiglia, guerra che terminò solo alla morte del cognato del re di Napoli, Giovanni II re di Castiglia. Nel 1446 Alfonso portò a termine l'occupazione della Sardegna. Nel 1447 alcuni ambasciatori francesi erano stati mandati a Barcellona per reclamare il pagamento della dote che l'infanta Iolanda di Aragona, più di quarant'anni prima, aveva promesso alla figlia, Maria d'Angiò, nel momento in cui, sposando il Delfino di Francia, Carlo, era divenuta la consorte del futuro re di Francia.

Poiché i francesi non ebbero alcuna soddisfazione da Maria di Castiglia, moglie e luogotenente di Alfonso, durante il viaggio di rientro in Francia occuparono la città di Perpignano, come pegno. Sempre nel 1447 Alfonso fu nominato erede del Ducato di Milano da Filippo Maria Visconti e prontamente le sue truppe occuparono il castello, ma alla nascita della Repubblica Ambrosiana furono cacciate da Milano e Alfonso rinunciò a ogni pretesa, anche se fu poi coinvolto nella guerra di successione ai Visconti. Nel 1451 diede aiuto a Giorgio Castriota Scanderbeg, che accettò di divenire suo vassallo. Questo aiuto, in truppe e in denaro, offerto agli albanesi venne ricambiato dallo Scanderbeg nel 1462 durante la guerra di successione al trono di Napoli, intervenendo in favore del figlio Ferrante. Dal 1454 era in guerra contro Genova e nel 1458 pose l'assedio alla città che aveva chiesto la protezione del re di Francia, che aveva mandato come governatore, Giovanni d'Angiò, il duca titolare di Calabria, figlio di Renato d'Angiò.

Alfonso morì di malaria durante l'assedio di Genova, il 27 giugno 1458 (secondo il cronista Gaspare Fuscolillo, Alfonso morì a Napoli il 26 giugno). Alfonso lasciò il Regno di Napoli al suo figlio illegittimo Ferdinando (legittimato da papa Eugenio IV e nominato duca di Calabria), mentre tutti gli altri titoli della corona d'Aragona, inclusa la Sicilia che era tornata alla corona, andarono a suo fratello Giovanni. Alfonso V fu inumato nella chiesa di San Domenico a Napoli. Circa due secoli dopo i resti mortali furono traslati al monastero di Santa Maria di Poblet.