Ferdinando II d'Aragona, ramo di Napoli, noto anche come Ferrandino (Napoli, 26 agosto 1469 – Somma Vesuviana, 7 settembre 1496), fu re di Napoli per poco meno di due anni dal 1495 al 1496. Era figlio di Alfonso II e Ippolita Maria Sforza, nipote di Ferdinando I, titolare del trono di Gerusalemme.
Con l'avvicinarsi delle truppe francesi guidate da Carlo VIII, che nel 1494 calò in Italia puntando alla riconquista del Regno di Napoli perduto dagli Angioini, Alfonso II pensò di assicurare maggiore stabilità al trono e alla discendenza decidendo di abdicare in favore del figlio primogenito. Ferdinando fu incoronato nel gennaio del 1495 ma la mossa di Alfonso non sortì gli effetti sperati. La stirpe aragonese era ormai pericolosamente vacillante e l'imminente arrivo del sovrano francese spinse molti nobili napoletani a schierarsi dalla parte dell'invasore, agevolando la futura caduta dei reali dal trono. Resa impossibile la difesa di Napoli dalle defezioni dei comandanti, che di accordo in accordo favorivano l'avanzata di Carlo VIII, Ferrandino non ebbe altra scelta che rifugiarsi con la famiglia sull'isola d'Ischia, mentre la città era sconvolta dai tumulti. I Francesi entrarono a Napoli il 22 febbraio 1495 e Carlo prese dimora in Castel Capuano, l'antica reggia fortificata dei sovrani normanni. Pur avendo molti sostenitori fra i nobili napoletani, in gran parte nostalgici del periodo angioino, e il controllo quasi totale del regno, Carlo non seppe sfruttare tali condizioni a suo favore e impose funzionari francesi ai vertici di tutte le amministrazioni.
La debolezza delle sue scelte, dettate forse dalla convinzione di essere padrone indiscusso del reame e magari dell'intera Penisola, diede tempo e forza agli altri stati italiani di coalizzarsi contro lui e a Ferrandino di riorganizzare le armate napoletane. A maggio il re di Francia, in seguito alle pulsioni filo-aragonesi del popolo napoletano e all'avanzare delle armate di Ferrandino nel Regno, comprese l'opportunità di lasciare Napoli e si avviò al rientro in patria. Ferdinando, che nel frattempo si era portato da Ischia a Messina, in esilio temporaneo, si unì a suo cugino, Ferdinando II d'Aragona, re di Sicilia e Spagna, che gli offrì assistenza nella riconquista del Regno. Il generale spagnolo Gonzalo Fernández de Córdoba giunse dalla Spagna con un piccolo esercito composto da 600 lancieri della cavalleria spagnola e 1.500 fanti: era stato scelto dalla regina Isabella per condurre il contingente spagnolo sia perché favorito di corte e anche in quanto soldato di fama considerevole nonostante la giovane età. De Córdoba giunse al porto di Messina il 24 maggio 1495, solo per scoprire che Ferdinando II di Napoli era passato in Calabria con l'esercito, portando con sé la flotta dell'ammiraglio Requesens, ed aveva rioccupato Reggio. Anche de Córdoba passo in Calabria due giorni dopo.
Ferdinando condusse l'esercito alleato fuori dall'abitato di Seminara il 28 giugno e prese posizione lungo un torrente. Inizialmente il combattimento volse a favore degli alleati con i jinetes spagnoli che impedivano il guado ai gendarmi franco-svizzeri scagliando i loro giavellotti e ritirandosi, lo stesso metodo usato in Spagna contro i mori. Però a questo punto della battaglia la milizia calabrese, presa dal panico, tornò indietro; anche se Ferdinando II tentò di bloccare la loro fuga, i calabresi in ritirata furono attaccati dai gendarmi che erano riusciti ad attraversare il corso d'acqua trionfando. La situazione divenne presto disperata per le forze alleate: il re, facilmente riconosciuto dal lussuoso abbigliamento, fu duramente attaccato, disarcionato e minacciato dalle forze nemiche e sfuggì solo grazie al cavallo di un nobile, il cui nome dalle fonti è riportato alternativamente come Giovanni di Capua, fratello del Conte di Altavilla che diede la propria vita per ritardare i nemici in modo che Ferdinando potesse scappare. Nonostante la vittoria che le forze francesi e svizzere raccolsero sul campo di battaglia, Ferdinando II di Napoli, grazie alla lealtà del popolino, fu presto in grado di riprendere Napoli. De Córdoba, usando delle tattiche di guerriglia ed evitando accuratamente qualsiasi scontro con i temibili battaglioni svizzeri lentamente riconquistò il resto della Calabria. Molti dei mercenari al servizio dei francesi si ammutinarono a causa del mancato pagamento del soldo e ritornarono in patria, le rimanenti forze francesi furono intrappolate ad Atella dalle forze riunite di Ferdinando e del de Cordova e costrette ad arrendersi. Già a luglio Ferrandino poté rientrare a Napoli, sconfiggere le ultime guarnigioni francesi e ristabilire la sua autorità, accolto con entusiasmo dai napoletani.
Leggeri strascichi della guerra contro i soldati di Carlo VIII si trascinarono fino all'anno seguente, ma di fatto il regno era tornato saldamente nelle mani di Ferrandino, che poté così celebrare le proprie nozze con la zia Giovanna, più giovane di lui. Costei era una sorellastra di Alfonso II, nata dal secondo matrimonio di re Ferdinando I di Napoli con Giovanna d'Aragona. Al momento del matrimonio, Ferrandino aveva 27 anni, Giovanna 18. La coppia reale decise di lasciare Napoli per qualche tempo e si trasferì a Somma. Qui il re fu colpito da una malattia che nel giro di pochi giorni lo condusse alla morte. Ferrandino morì il 7 settembre 1496. In assenza di eredi diretti del defunto re, la corona fu ereditata dallo zio Federico, fratello legittimo di Alfonso II. Salito al trono col nome di Federico I di Napoli, fu l'ultimo re napoletano della dinastia aragonese.