Guglielmo III di Sicilia, o Guglielmo III d'Altavilla anche Guglielmino (Palermo, 1185 – 1198), fu re di Sicilia dal febbraio al dicembre 1194, con la reggenza della madre Sibilla. Fu l'ultimo discendente maschio della dinastia Altavilla a regnare sul Regno di Sicilia prima degli Svevi.
Dopo la morte di Guglielmo II, re di Sicilia, nel novembre 1189 Tancredi, figlio illegittimo del duca di Puglia, Ruggero, emerse quale candidato da opporre alla successione di Costanza d'Altavilla, anch'ella figlia di Ruggero II e sposa di Enrico VI di Svevia. Tra il 1190 e il 1193 Tancredi riuscì a mantenere il controllo almeno della Sicilia e a tenere lontana dal Regno la coppia imperiale. Il fratello maggiore di Guglielmo, Ruggero, venne da subito coinvolto dal padre nella lotta per il Regno: da duca di Puglia, nell'estate del 1192, fu anche incoronato coreggente.
Subito dopo la morte di Ruggero (24 dic. 1193) e poco prima della scomparsa dello stesso Tancredi (20 febbr. 1194) Guglielmo sarebbe stato anch'egli incoronato coreggente da Tancredi; la storiografia ritiene comunque poco probabile che il padre sia riuscito a partecipare all'incoronazione, iniziativa che sarebbe invece opera diretta di Sibilla. Il vacillante Regno si trovò così improvvisamente affidato al piccolo Guglielmo e a sua madre, che divenne reggente e sulla quale ricadde l'onere di organizzare la resistenza nell'isola contro le truppe di Enrico VI.
A complicare la situazione di Sibilla venne la pacificazione ottenuta in Germania da Enrico anche con il tradizionale avversario degli Hohenstaufen, Enrico XII il Leone duca di Baviera e Sassonia, mentre pure la situazione in Italia settentrionale non ostacolava una discesa imperiale. Intanto Marquardo di Annweiler, sostenitore di Enrico VI, organizzava l'appoggio della flotta pisano-genovese alla causa imperiale: le due città marinare si lasciarono infatti allettare dalle ampie promesse di concessioni commerciali e territoriali nel nuovo Regno. Il 23 agosto si sottometteva Napoli, mentre nel settembre del 1194 la flotta dei collegati imperiali era già in Messina, senza reazioni da parte normanna, forse in conseguenza di una malattia dell'ammiraglio Margarito da Brindisi. Parallelamente avanzavano anche le truppe per via di terra, che il 17 settembre saccheggiarono crudelmente Salerno, senza poi incontrare altra seria resistenza nella discesa. In novembre Enrico VI era già entrato in Messina; le truppe di Marquardo avevano pure sottomesso Catania e Siracusa, senza che i contingenti saraceni fedeli a Sibilla riuscissero a opporsi. Sibilla portò al sicuro l'erede Guglielmo nel castello di Caltabellotta, preparato per resistere a un lungo assedio, mentre lei stessa restava a difesa di Palermo. Qui però la cittadinanza non manifestò particolare energia nella difesa, e anzi inviò subito delegati presso l'imperatore che aveva preso residenza nel palazzo della Favara. Nulla di strano che dopo poco tempo la regina cedesse alle favorevoli condizioni di resa che Enrico le andava ponendo: oltre alla vita, veniva garantita a Sibilla anche la titolarità della contea di Lecce e a Guglielmo il Principato di Taranto. Palermo venne aperta quindi, alla fine del mese, all'arrivo dell'imperatore, mentre il conte Riccardo di Conza fu inviato a prelevare Guglielmo da Caltabellotta. Il 4 dicembre Enrico poteva già inoltrare le prime lettere in cui descriveva bellezze e ricchezze del suo nuovo Regno (Regesta Imperii). Si chiudeva così definitivamente il periodo di regno della linea maschile degli Altavilla, mentre quella femminile sarebbe continuata attraverso Costanza.
Dietro le condizioni di apparente pacificazione Sibilla e Guglielmo presero addirittura parte alla cerimonia di incoronazione di Enrico nella notte di Natale del 1194 a Palermo. Il giorno dopo venne alla luce, a Jesi nelle Marche, l'erede di Enrico e Costanza, Federico, e questo contribuì a segnare ulteriormente il destino di Guglielmo. Prima della fine di dicembre, infatti, venne scoperta una congiura, probabilmente pretestuosamente inventata, contro l'imperatore, in cui si volle dimostrare anche un coinvolgimento della stessa Sibilla e dei suoi figli. Fu l'occasione propizia per Enrico di liberarsi degli scomodi discendenti di Tancredi che, insieme con i loro più potenti sostenitori, furono presi in consegna da Corrado di Lützelhardt e mandati in Germania.
Solo a Guglielmo fu riservato un tragico destino: fu infatti condotto nel castello di Hohenems (nell'attuale Voralberg, Austria), probabilmente dopo aver subito mutilazioni che dovevano renderlo inadatto al ruolo di re: il cronista inglese Ruggero di Howden parla di evirazione, mentre Ottone di St. Blasien parla, con maggiore verosimiglianza, di accecamento; questa fu infatti la stessa pena a cui furono sottoposti anche altri congiurati. Nel castello Guglielmo morì prigioniero, anche se nessuna fonte registra con precisione l'anno della sua morte. Tradizionalmente essa viene comunque posta poco dopo il 1198.
Migliore sorte ebbero la madre e le sorelle, che, godendo dell'intercessione di Innocenzo III, riuscirono a fuggire dal monastero alsaziano di Hohenberg verso la più accogliente terra di Francia; infine la principessa Irene, vedova di Ruggero, venne data in sposa a Filippo, fratello minore dell'imperatore.