Intorno al sec.XI giunsero in Sicilia, ed in tutta l’Italia meridionale, avventurieri provenienti dalla Normandia (regione della Francia nord-occidentale). L’Italia meridionale era infatti famosa per le sue terre fertili e per l’instabile situazione politica da cui si poteva trarre profitto.

La conquista occupò quasi un secolo ed ebbe sempre carattere peculiare con piccoli gruppi che giungevano e si stabilivano: non vi fu dunque una vera invasione di carattere militare, né l’immigrazione massiccia di un popolo.

Dopo che Umfredo e Roberto il Guiscardo, due dei dodici figli di Tancredi d’Altavilla, ebbero conquistata la Puglia e la Calabria, l'altro figlio, Ruggero, portò a compimento la  conquista normanna della Sicilia.

Nell’isola il dominio saraceno attraversava una grave crisi con la divisione del territorio in piccole signorie (emirati) ostili tra loro. Proprio a causa di queste ostilità, Ruggero venne chiamato in aiuto dall’emiro di Siracusa e Calabria, era il 1061. La conquista era stata preceduta, nel 1059,  dallo storico accordo di Menfi stipulato tra il Papato ed i Normanni; con questo patto i Normanni ottennero dal Papa Niccolò II la legittimazione del loro dominio in Italia, mentre il Papa si era assicurato un potente alleato nella lotta contro i sovrani tedeschi ed un aiuto valente nel recuperare alla cristianità la Sicilia, dove i Saraceni avevano introdotto l’islamismo.

Per suggellare l’accordo il Papa donò a Ruggero il vessillo della Madonna delle Vittorie, vessillo che tanta parte avrà nella leggendaria battaglia combattuta dai Normanni contro i Saraceni nelle vicinanze di Piazza Armerina. Le prime città siciliane ad accogliere Ruggero come un liberatore furono Messina e Troina, seguite a ruota da tutte le altre, compresa Piazza Armerina, dove, proprio in onore della vittoria, si svolge annualmente lo storico Palio dei Normanni.

Ruggero, sfruttando abilmente i dissidi tra gli emiri e la popolazione indigena, andò estendendo la propria conquista che fu compiuta nel 1072, con la caduta di Palermo. Molti dei ricchi arabi preferirono andarsene e Ruggero, confiscati i loro beni, ne tenne una parte per sé, altri li cedette alla Chiesa ed ai suoi fedeli; ai saraceni rimasti lasciò libertà di culto e le loro proprietà a condizione che si assoggettassero al governo normanno.

La Sicilia ebbe ordinamento feudale, fu retta da Ruggero con il titolo di conte e considerata come feudo del ducato di Puglia. Alla morte del padre e dello zio, Ruggero II ereditò i rispettivi domini e li unificò stabilendone la capitale a Palermo dove nel 1136 venne incoronato re di Sicilia e Puglia.

A lui succedettero Guglielmo I il Malo e Guglielmo II il Buono che morendo non lasciò discendenza maschile; poiché nel regno non vigeva la legge salica, esso fu ereditato dalla zia dell’ultimo re: Costanza d’Altavilla (figlia di Ruggero II) che si unì in matrimonio con Enrico VI, figlio di Federico Barbarossa. I diritti di successione furono trasferiti al marito che, però, morì prematuramente nel 1197. Si esauriva così la gloriosa dinastia normanna e con Federico II, figlio di Enrico VI e di Costanza, nasceva la dinastia degli Svevi.

In Sicilia i Normanni crearono un forte Stato centralizzato, dotato di un’efficiente burocrazia regolarmente retribuita; le leggi e gli usi furono unificati e riuniti in un codice; l’amministrazione della giustizia fu affidata a funzionari regi, i giustizieri; per riscuotere le imposte vennero creati appositi uffici. La forte monarchia si estendeva dal Garigliano e dal Tronto fino a Santa Maria di Leuca ed alla Sicilia: l’unificazione politica del Mezzogiorno d’Italia era così compiuta e consolidata. Questo fenomeno favorì la rinascita dell’agricoltura e del commercio, specialmente nelle zone costiere del regno.

I dominatori, di origine germanica,  erano  diventati francesi per lingua e cattolici per religione; i dominati, dal canto loro erano genti latine, greche, longobarde, ebraiche, arabe: ciascuna parlava la propria lingua, seguiva la propria religione, viveva secondo le proprie consuetudini. In Sicilia vi erano anche Mozarabi (Arabi di Sicilia), Berberi, Ebrei, Turchi ed italiani settentrionali quasi sicuramente provenienti dalla zona ligure-piemontese e, massicciamente, dal Monferrato. Essi  erano giunti, al seguito dagli Altavilla, a ripopolare alcune zone della Sicilia centro-orientale e proprio a loro è legata la storia dei dialetti galloitalici.

Questi coloni settentrionali, chiamati col nome generico di Lombardi (o più esattamente Galloitalici per distinguerli dai Galloromanzi di Francia), giunti in Sicilia, si diffusero nel territorio e fondarono o rifondarono  città come Nicosia, Sperlinga, Piazza Armerina, Aidone, Sanfratello, Novara di Sicilia. I nuovi arrivati non dovettero incontrare particolari difficoltà ad amalgamarsi con la popolazione locale già di per sé molto eterogenea e lasciarono in eredità a questi centri la loro impronta linguistica. Del resto se i Siciliani erano di indole aperta e disponibile verso i nuovi arrivati, da parte loro i Normanni prima e gli Svevi in un secondo tempo si distinsero per la tolleranza e l’energia con cui riuscirono ad armonizzare genti diverse per fede, lingua e cultura. Tutto ciò diede luogo ad una grande fioritura artistica e culturale (Cattedrale di Monreale, Cappella Palatina di Palermo, Duomo di Cefalù).