Federico d'Aragona, o Federico III di Sicilia (o di Trinacria) (Barcellona, 13 dicembre 1273 o 1274 – Paternò, 25 giugno 1337), è stato reggente aragonese in Sicilia dal 1291 al 1295, Re di Sicilia - come Federico III - dal 1296 al 1302 e poi di Re di Trinacria dal 1302 alla sua morte.

Il 19 giugno 1291, suo fratello primogenito, il sovrano della corona d'Aragona, Alfonso III morì improvvisamente lasciando l'Aragona, Valencia, la Catalogna ed il governo di Maiorca al secondogenito, Giacomo il Giusto e disponendo che la Sicilia andasse al terzogenito Federico; ma Giacomo dopo essersi fatto incoronare a Saragozza nel mese di luglio, come successore di Pietro III e non di Alfonso III, ne trascurò il testamento e si tenne il regno di Sicilia, a scapito di Federico. L'infante Federico, nello stesso 1291, fu inviato, come luogotenente del fratello Giacomo II, in Sicilia, dove raggiunse la madre Costanza.

Giacomo II voleva porre fine alla situazione che vedeva l'Aragona in perenne lotta contro il papato la Francia e la situazione si sbloccò dopo l'elezione al papato, il 23 dicembre 1294, di Bonifacio VIII, che, elaborando la proposta del suo predecessore, papa Celestino V, ad Anagni, il 12 giugno del 1295 stipulò con Giacomo e con Carlo II d'Angiò il Trattato di Anagni. Con questo accordo, Giacomo acconsentì a cedere la Sicilia; in cambio avrebbe ottenuto i feudi di Sardegna e di Corsica, se li avesse saputi conquistare, e avrebbe sposato la figlia di Carlo II d'Angiò; mentre Federico, che perdeva il governatorato della Sicilia sarebbe stato compensato dal matrimonio con l'erede dell'impero d'oriente, Caterina Courtenay, figlia dell'imperatore titolare Filippo I di Courtenay e Beatrice d'Angiò, con l'impegno di Federico di aiutare il futuro suocero a riconquistare l'impero. Il re di Francia, Filippo IV il Bello, pur approvando il trattato di Anagni, rifiutò di accettare quest'ultima clausola e, in quello stesso anno, il fidanzamento tra Federico e Caterina fu rotto. Federico, amareggiato, oltre che dalla rottura del fidanzamento, anche dal fatto che Giacomo II non aveva ottemperato al testamento di Alfonso III, accettò le offerte dei Siciliani che, sentendosi traditi dal nuovo re aragonese, dichiarato decaduto Giacomo, lo elessero al trono di Sicilia. L'11 dicembre 1295, a Palermo, Federico fu proclamato Signore della Sicilia, e il Parlamento siciliano riunito al Castello Ursino di Catania, il 15 gennaio 1296, lo riconobbe Federico III Re di Sicilia. L'incoronazione ufficiale avvenne, il 25 marzo del 1296, nella Cattedrale di Palermo.

Federico riprese le guerre del Vespro e, prendendo l'iniziativa nei confronti degli Angioini, non solo conservava la Sicilia ma portava la guerra in Calabria e nel napoletano. Allora Bonifacio VIII, agli inizi del 1297, convocò a Roma sia Giacomo II che Carlo II d'Angiò e li spronò a riconquistare la Sicilia secondo il trattato di Anagni; dovettero abbandonare la Sicilia, per ordine di Giacomo, sia Giovanni da Procida che Ruggero di Lauria, che divenne ammiraglio della flotta alleata anti-siciliana ed alla fine anche la regina madre Costanza dovette abbandonare il figlio prediletto Federico e raggiungere Giacomo a Roma. Giacomo intervenne, a fianco degli Angioini, contro il fratello Federico ed i Siciliani e con la sua flotta aragonese affiancata da quella napoletana, a Capo d'Orlando, nel luglio del 1299, sconfisse Federico che si riuscì a salvare con solo 17 galee. Giacomo, l'anno dopo, visto che il fratello continuava a resistere, fece ritorno in Aragona. La guerra fu proseguita con successo da Roberto d'Angiò, nominato da Carlo II vicario generale in Sicilia, e suo fratello Filippo I di Taranto, con la conquista di alcuni importanti centri nella Sicilia orientale: nell'ottobre 1299 Catania, per la ribellione dei suoi nobili cittadini Virgilio Scordia e Napoleone Caputo, passava in mano angioina; Paternò dopo un breve assedio veniva consegnata dal conte camerario Manfredi Maletta; Noto, difesa valorosamente da Ugolino Callari, compare dello stesso Federico, veniva infine a patti con Roberto d'Angiò. Messina, difesa dai Palizzi, tuttavia resisteva all'assedio angioino e Federico riportava una notevole vittoria nella piana di Falconara (Trapani), facendo prigioniero Filippo di Taranto.

Allora il papa, nel 1300, chiamò in aiuto i templari, gli ospitalieri e i riluttanti Genovesi, ma ad eccezione di una nuova brillante vittoria della flotta di Lauria su quella siciliana, il 14 giugno del 1300, la situazione non progredì. Infine Bonifacio VIII si rivolse al re di Francia, Filippo IV il Bello, che inviò un esercito al comando del fratello, Carlo di Valois: questi, arrivato in Sicilia, nel maggio del 1302, bruciando e depredando, l'attraversò sino a Sciacca, dove però arrivò distrutto dalla malaria e, per la paura di un deciso attacco da parte di Federico, accettò la pace che gli venne offerta. Allora da Carlo di Valois, Carlo II d'Angiò e dal papa, fu proposto a Federico di sposare la figlia di Carlo II lo Zoppo e di Maria d'Ungheria e sorella del duca di Calabria Roberto, Eleonora; durante la trattativa fu offerto a Federico, in cambio della Sicilia, il regno di Albania, creato per lui oppure il regno di Cipro, dopo averlo tolto alla famiglia Lusignano. Federico rifiutò, ma, nell'agosto del 1302, fu trovato un compromesso che prevedeva che Federico III mantenesse il potere sulla Sicilia col titolo di Re di Trinacria (quello di Sicilia spettava solo al re di Napoli) fino alla sua morte, dopo la quale l'isola sarebbe dovuta passare nuovamente agli Angiò. La guerra dei Vespri Siciliani terminò con la pace di Caltabellotta: il 31 agosto del 1302, probabilmente nel castello del Pizzo, si firmò il trattato di pace. Questo trattato, modificato dal papa il 12 maggio 1303, comunque confermò che Federico III mantenesse il potere sulla Sicilia, portatagli in dote dalla moglie Eleonora, col titolo di Re di Trinacria e dopo la sua morte l'isola sarebbe dovuta passare nuovamente agli Angiò. Il matrimonio con Eleonora venne celebrato nel maggio 1303 a Messina.

La pace di Caltabellotta durò solo una dozzina di anni e, dopo che nel 1313 la guerra tra Angioini e Aragonesi era ripresa, il parlamento siciliano, il 12 giugno 1314, disattendendo l'accordo siglato con la Pace di Caltabellotta, riconosceva il figlio di Federico, Pietro come erede al trono, e quindi, alla sua morte, successore di Federico, e, il 9 agosto, confermava Federico re di Sicilia e non più di Trinacria. Seguirono due anni di guerra, in cui Roberto d'Angiò cercò di conquistare l'isola nel 1314, a cui seguì una tregua di due anni, sino al 1316. Allo scadere della tregua, Roberto attaccò la Sicilia occidentale e si diresse su Palermo, su cui confluiva anche la flotta napoletana. Federico, vedendosi a mal partito, nel 1317, chiese una tregua che gli fu concessa a patto di restituire agli angioini tutte le posizioni che ancora deteneva sul continente (quasi tutte in Calabria); la nuova tregua sarebbe scaduta a Natale del 1320.

Finita la tregua, Federico, nel 1321, inviò una flotta con reparti di cavalleria di fronte a Genova, in aiuto ai ghibellini che combattevano contro la repubblica di Genova, ma Roberto d'Angiò, alleato di Genova, inviò 82 galee che costrinsero la flotta siciliana a ritirarsi e rientrare in Sicilia (passando da Ischia la saccheggiò). Nel settembre dello stesso anno, la flotta siciliana tornò a Genova e coordinando gli attacchi con le truppe dei ghibellini lombardi capitanati da Marco Visconti, riuscì a creare grandi difficoltà per i difensori, senza però riuscire a fare cadere la città. Col cattivo tempo, la flotta, molto danneggiata, dovette rientrare definitivamente in Sicilia. Sempre nel 1321, Federico aveva fatto incoronare il figlio Pietro come co-regnante e suo successore, attirandosi le ire del papa Giovanni XXII, che scagliò l'interdetto sulla Sicilia (Giovanni XXII lo tolse solo nel 1334, poco prima di morire).

In viaggio da Palermo ad Enna, Federico si ammalò gravemente. Morì il 25 giugno del 1337, nel tragitto tra Paternò e Catania, poiché sperava di ricevere cure migliori nell'ospedale della Commenda di San Giovanni Gerosolimitano nei pressi di Paternò. Com'era tradizione di quei tempi, nell'ospedale vennero sepolte le viscere, mentre la salma, trasportata a Catania, fu esposta al Castello Ursino. Federico aveva dichiarato nel testamento di voler esser sepolto a San Francesco nella città di Barcellona, accanto al fratello Alfonso d'Aragona e alla madre Costanza, ma modificò le sue volontà e dispose per una sepoltura nella cattedrale nel capoluogo. La salma venne quindi tumulata provvisoriamente nella Cattedrale di Catania, in attesa di traslazione a Palermo. A causa del perdurare della guerra del Vespro la salma rimase definitivamente a Catania.